Negozi chiusi, un rischio

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Segretario Generale Roberto Di Maulo all'Assemblea Nazionale Fismic Confsal

CONVIENE APRIRE UN TAVOLO DI CONFRONTO
Il parere del segretario generale Fismic Confsal, Roberto Di Maulo

“La chiusura domenicale rischia di far contrarre in modo significativo l’occupazione nel settore del commercio” lo dichiara il segretario del sindacato autonomo Fismic Confsal Roberto Di Maulo.

Domanda. Segretario Di Maulo, perché un sindacato industriale dovrebbe interessarsi degli orari di apertura e di chiusura dei negozi?

Risposta. Come ho avuto modo di dirle già la scorsa settimana, un sindacato che rappresenta i lavoratori, soprattutto se è autonomo come il nostro, deve giudicare il governo del Paese dai suoi comportamenti e da quello che produce nei fatti. Inoltre, al nostro sindacato, attraverso l’affiliato Filcom-Fismic Confsal sono iscritti anche i lavoratori del settore del commercio.  Qui non ci troviamo, per fortuna, ancora di fronte a fatti, ma a dichiarazioni d’intenti e queste dichiarazioni tracciano una linea che giudichiamo sbagliata, che rimette in discussione, in negativo, le consolidate abitudini delle famiglie, crea disparità tra lavoratori e lavoratori ed infine rischia di far contrarre in modo significativo l’occupazione nel settore e ridurre il commercio pesando ulteriormente sulla creazione di ricchezza del Paese. L’impatto non può che essere negativo a livello macroeconomico: si diminuisce l’impatto positivo sul Pil, si allunga il ritorno degli investimenti, scoraggiando ulteriormente eventuali investitori esteri che preferiranno investire altrove piuttosto che in Italia nel settore del commercio.

D.Si dice però che all’estero i negozi chiudano alle 18 nei giorni feriali e che nei festivi siano chiusi. Cosa  dice al riguardo?

R.Dico che non è vero. Vengo proprio ora da Bruxelles e il Carrefour che sta proprio davanti il palazzo della Commissione Europea a largo Schuman reca davanti la porta d’ingresso il cartello che dice che la domenica è aperto dalle 9 alle 19. Ben sedici Paesi dell’Unione hanno orari completamente liberalizzati e altri otto hanno regole definite regione per regione che consentono l’apertura domenicale della grande distribuzione. Solo tre Stati hanno regole più rigide, ma comunque consentono alla grande distribuzione di mantenere aperti gli esercizi nei festivi grazie a deroghe specifiche. E comunque nelle grandi città turistiche è assolutamente impensabile la chiusura domenicale.

D.Perché afferma questo?

R.Dai dati che vengono pubblicati si scopre che nei sabati e domeniche gli esercizi che restano aperti vendono circa il 25% del fatturato totale. Si calcola che la chiusura del commercio provocherebbe una contrazione di quasi mezzo punto del Pil, la perdita di una forbice oscillante tra i 40mila e i 50mila posti di lavoro e tutto questo non si capisce bene a cosa serva.

  1. Ma c’è la questione del diritto del lavoratore al ristoro settimanale dal lavoro che in questo modo viene a mancare se si lavora sette giorni la settimana.

R.La legge italiana sugli orari massimi di lavoro consentiti la settimana, che deriva da una direttiva europea parla di lavoro su un massimo di sei giorni alla settimana, con un tempo di riposo che deve essere di almeno trentasei ore nel giorno di non lavoro. Non parla di riposo la domenica, ma di un massimo di sei giorni lavorabili per ogni settimana. Viene previsto, solitamente, nella contrattazione sindacale degli orari di lavoro che il giorno di riposo sia a scorrimento e cada anche la domenica, quando la turnazione lo prevede. Non penso che ci sia qualcuno dotato di buonsenso che può immaginare che il lavoratore per esempio della grande distribuzione lavori sette giorni alla settimana, per 365 giorni l’anno. Tutto ciò denota una grande ignoranza di conoscenza della prestazione lavorativa.

D.Ma la prestazione di lavoro nei giorni festivi è comunemente associata a forme di sfruttamento selvaggio della mano d’opera.

R.Luogo comune dettato da superstizione e credenze risalenti allo schiavismo e al medioevo, probabilmente. Oggi chi lavora nei festivi ha come detto riposi a scorrimento che garantiscono il ristoro e gode di maggiorazioni salariali nelle ore di lavoro prestate nei festivi normalmente variabili dal 30 al 75% a seconda i Ccnl applicati e gli orari in cui cade la prestazione. Prendiamo settori dove da sempre esiste il ciclo continuo, come i siderurgici o gli ospedalieri: si lavora a turni che possono essere di 8 ore al giorno come i siderurgici o di 6,20 ore al giorno come gli ospedalieri. I turni sono solitamente articolati al mattino, pomeriggio e notte, nei siderurgici e aggiungono un turno serale nei servizi. I turni solitamente ruotano settimanalmente secondo il ciclo sopra descritto e quindi lasciano il tempo di riposo al lavoratore nelle ore (sedici o diciotto) non coperte dalla prestazione. Ovviamente quando l’orario prevede la prestazione nelle ore serali e notturne c’è una maggiorazione salariale per compensare il disagio. Questa maggiorazione se cade nei festivi diventa spesso anche del 100% in più della retribuzione.

D.Quindi la chiusura domenicale nel commercio provocherebbe non solo una disoccupazione della manodopera che risulta eccedente per la contrazione delle aperture, ma anche una riduzione generalizzata della retribuzione per i fortunati che non vengono espulsi dal lavoro?

R.Certamente sì, in quanto verrebbero a mancare dalla retribuzione mensile, le maggiorazioni del lavoro festivo, che sono di solito una parte importante della retribuzione.

D.Molto interessante. E quali sono i settori che lavorano nei giorni festivi?

R.Per consentire alla maggioranza che non lavora la domenica di godere appieno di questa giornata è indispensabile che ci sia qualcun altro che di domenica lavori nei trasporti, nella ristorazione, nella distribuzione dei beni di uso e consumo quotidiano, nei settori dello spettacolo e dell’intrattenimento, nei servizi turistici; oltre che, come sempre e come è ovvio, nei servizi medici, di ordine pubblico, elettricità, gas, acqua, e così via. Inoltre esistono settori produttivi che lavorano a ciclo continuo come i chimici, i farmaceutici, i siderurgici e molti segmenti importanti dell’industria come quelli dell’automotive, dell’informatica, ecc. Si calcola che circa quattro milioni di lavoratori e oltre siano quelli che sono impegnati, a turno, a lavorare nei giorni festivi. Inoltre intorno ai grandi centri commerciali, che tipicamente lavorano soprattutto di sabato e domenica, fioriscono altri servizi di varia natura, dalla ristorazione all’assistenza medica, dall’intrattenimento per bambini allo spettacolo e ai concerti; tutto questo “indotto”, che oltretutto aumenta il valore del riposo domenicale della maggioranza della popolazione, verrebbe penalizzato dal divieto di lavoro domenicale nei centri commerciali. Si pensi ai cinema multisala che sono presenti ormai in ogni città nei centri commerciali. Se venisse chiusa la grande distribuzione inevitabilmente verrebbe a diminuire l’afflusso alle sale cinematografiche mettendo a repentaglio l’industria cinematografica.

D.Quindi un intervento legislativo come quello che sembra volere il ministro Di Maio creerebbe una disparità tra lavoratori se si proibisse per legge di lavorare a qualcuno nei giorni festivi.

R.E’ chiaro che nessuno sarebbe in grado di spiegare perché debba essere vietato o limitato per legge il lavoro nel settore della distribuzione dei beni al consumo e non in quello dei trasporti, della ristorazione, o degli spettacoli o negli altri settori sopra richiamati. E le differenze di trattamento non ragionevolmente spiegabili sono vietate dalla nostra Costituzione.

D.Sembrerebbe che potrebbero essere escluse dal provvedimento le località a forte vocazione turistica.

R.Finalmente un barlume di buonsenso. Ma bisogna considerare che l’Italia è un paese a forte vocazione turistica; su tutto il suo territorio affluiscono ogni anno molte decine di milioni di turisti italiani e stranieri; e il turismo ha notoriamente nel fine settimana il suo momento di punta. Vietare o limitare la vendita dei beni di consumo la domenica sarebbe un autogol proprio in un settore di importanza cruciale per la nostra economia. Inoltre va considerato che l’Italia non attira turisti soltanto a Roma, Milano, Firenze, Napoli e Venezia, ma in ogni sua parte, sarebbe impossibile giustificare che solo alcune città e non altre siano esentate dalla limitazione del commercio domenicale e che un piccolo borgo (penso agli innumerevoli tesori turistici della nostra penisola e delle isole) non debba essere preso in considerazione.

D.Si potrebbe fare un elenco di quali comuni comprendere e quali escludere.

R.Mi sembra una tipica follia italiana che non avrebbe nessun senso e lascerebbe fuori comuni con minore peso politico, dando inizio a contrattazioni infinite e a innumerevoli ricorsi alla giustizia amministrativa, bloccando ulteriormente il corso naturale delle cose.

D.Come intervenire nel settore da parte del governo allora?

R.Penso che il ministro Di Maio abbia ben altre emergenze su cui intervenire che su questo che non mi sembra essere di certo una priorità. Penso alle decine di migliaia di lavoratori a cui stanno scadendo gli ammortizzatori sociali e che rischiano di non avere più lavoro e reddito. Se proprio ci si vuole incaponire e intervenire nel commercio, allora bisogna non pensare a interventi d’urgenza come la decretazione (il cosiddetto decreto dignità dovrebbe suonare come monito negativo), ma aprire un tavolo di confronto che consenta di monitorare la questione, coinvolgendo tutte le associazioni datoriali del settore, quelle dei sindacati dei lavoratori (senza esclusioni), le associazioni dei consumatori offrendo un tavolo di discussione aperto e che non abbia già le conclusioni scritte ed obbligate.

D.Lei parla di regole contrattuali che garantiscono ai lavoratori del settore riposo settimanale, seppure a scorrimento, maggiorazioni retributive per la prestazione lavorativa nei giorni festivi. Ma se ciò non fosse e ci fossero degli abusi ai danni dei lavoratori?

R.Non credo che nella grande distribuzione questo avvenga, almeno di norma. E anche nei negozi che sono aperti nei centri commerciali. Ma lei ce lo vede il lavoratore della Apple o di H&M o di Prada che lavora a nero o fuori dalle regole contrattuali? Ma di cosa parliamo? Comunque lo Stato e il Ministero del Lavoro ha tutte le funzioni ispettive e repressive per intervenire e reprimere i comportamenti eventuali non corretti che provocano uno sfruttamento del lavoratore fuori dalle regole. Di Maio mandi gli Ispettori del lavoro a controllare, ne ha piena facoltà. E il sindacato dei lavoratori sia più pronto a intervenire per denunciare le situazioni irregolari. Come al solito si rischia di gettare il bambino insieme all’acqua sporca, mentre invece dovremmo tutelare meglio un settore, come quello del commercio, che rappresenta un pilastro fondamentale per accrescere e non far diminuire l’occupazione nel Paese e con essa, la ricchezza dei cittadini.

Articolo su ItaliaOggi del 18 settembre
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