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Anche in Italia siamo arrivati purtroppo a contare i casi di contagio da coronavirus e anche i primi decessi.

Per queste ragioni la Fismic Confsal chiede alle aziende, in particolare quelle più esposte, di elevare le misure di sicurezza e di prevenzione sanitaria per i lavoratori adottando, là dove sia necessario e possibile, strumenti contrattualmente disponibili in maniera più flessibile ed ampia di quella che può essere la previsione di accordi aziendali.

Il diffondersi del coronavirus impone infatti, a tutti, la massima prudente attenzione che se, da un lato deve servire a evitare pericolosi allarmismi, dall’altro deve spingerci ad adottare tutte quelle misure finalizzate a ridurre al minimo i rischi di una estensione del contagio.

I mezzi di comunicazione di massa hanno già abbondantemente diffuso l’informazione sui comportamenti da tenere per prevenire la diffusione del virus.

Oggi siamo, tuttavia, in una economia sempre più globalizzata che vede, per esempio a Roma, molte aziende non solo multinazionali che, per la loro specifica attività, hanno frequenti contatti con l’estero e che, quindi, per ragioni connesse alla loro attività potrebbero essere le più esposte al virus.

Nei posti di lavoro, non di rado, sono infatti concentrate centinaia, a volte migliaia, di persone che, quotidianamente, vi svolgono la loro attività ma che in questa fase emergenziale chiedono, pur con grande senso di responsabilità e di collaborazione, di poter lavorare in sicurezza.

Per far ciò occorre prevedere un utilizzo, il più possibile diffuso, di strumenti messi a disposizione dalla contrattazione aziendale e dalle leggi nazionali (come ad esempio lo smart working) così come le aziende più grandi, quelle già dotate di presidi sanitari interni, dovrebbero essere messe in condizione di fornire assistenza primaria, continuità assistenziale ai propri dipendenti per arginare, l’ulteriore, eventuale diffusione del virus.

Roma, 23 febbraio

Fismic Confsal Roma   

 

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