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Piazza Castello - Torino

In politica economica è centrale la persona

Il segretario generale Roberto Di Maulo spiega i perché dello sciopero

I metalmeccanici sono scesi in piazza il 14 giugno. “C’è la necessità di mettere al centro delle politiche economiche la persona, la famiglia e tutti coloro che producono e consumano reddito come i lavoratori dipendenti e i pensionati, creando nuova ricchezza attraverso lo sviluppo e occupazione” queste le parole del segretario generale Fismic Confsal Roberto Di Maulo.

Perché il sindacato autonomo organizza uno sciopero di carattere politico e non contrattuale?

Non c’è dubbio che siamo un sindacato orgogliosamente autonomo dai partiti politici e non facciamo neanche fatica ad esserlo, visto lo stato in cui sono ridotti attualmente i partiti e i movimenti nel nostro paese, ma essere autonomi non significa essere agnostici rispetto alla politica. Fare politica, nella più antica accezione, significa compiere delle scelte. Tutti i giorni ogni essere umano, come ogni organismo collettivo, sceglie di compiere delle azioni e quindi riteniamo che, come recita uno degli slogan principali della nostra lotta, i sindacati autonomi devono giudicare i fatti senza seguire correnti politiche.

Quindi non è uno sciopero contro il governo?

Assolutamente no, non è possibile scioperare contro un governo. È uno sciopero per porre all’attenzione del governo attuale e di quelli futuri, la necessità di mettere al centro delle politiche economiche la persona, la famiglia e tutti coloro che producono e consumano reddito come i lavoratori dipendenti e i pensionati, creando nuova ricchezza attraverso lo sviluppo del commercio. Se il governo non ha l’idea di valorizzare il lavoro dipendente, l’industria manifatturiera, i lavoratori della pubblica amministrazione, è molto difficile che un paese con grossi deficit strutturali come l’Italia, possa mantenere il suo ruolo centrale nell’economia europea. L’Italia continua a essere la seconda potenza manifatturiera del continente, questo dovrebbe consigliare i nostri governanti a non sperperare risorse in assistenza o in provvedimenti elettoralistici ma di concentrare le energie a sostegno dell’industria, del lavoro e dei lavoratori.

E questo non avviene in questo momento?

Per verificare che tutto questo non sta accadendo, basta consultare i dati e considerare i fatti. Oltre 150 vertenze aperte al ministero dello Sviluppo economico che coinvolgono circa 300.000 lavoratori. I casi eclatanti come Pernigotti, Marcatone Uno, Whirlpool di Napoli e, ArcelorMittal che a pochi mesi da un soffertissimo accordo annuncia la cassa integrazione per 1.400 lavoratori. Un settore automobilistico che anche a causa del dissennato decreto “Ecotassa-Ecobonus” marca un -17% nel primo trimestre del 2019 rispetto a quello del 2018, e riprendono gli ammortizzatori sociali e la cassa integrazione in deroga. Tutto questo dimostra quanto poco questo governo sta facendo a favore dell’industria e dei lavoratori.

Però sono stati presi provvedimenti a favore dei lavoratori come decreto dignità, quota 100 e reddito di cittadinanza.

Il decreto dignità è un provvedimento sbagliato perché non fa altro che produrre una rotazione molto rapida di lavoratori precari, imponendo alle aziende di non utilizzare il contratto a tempo determinato oltre il dodicesimo mese. Questo procedimento viene aggirato dalle imprese mandando a casa i dipendenti che hanno impiegato per un anno, sostituendoli con nuovi precari, lavoratori interinali oppure facendo aprire una partita Iva ai lavoratori dipendenti mascherandoli come liberi professionisti.

È talmente sbagliato il modo con cui è stato affrontato il problema della precarietà con il decreto “dignità” che abbiamo la fila di aziende che chiedono alle organizzazioni sindacali di stipulare degli accordi in deroga al decreto dignità pur di non mandare a casa dopo dodici mesi dei giovani che hanno formato e che vogliono confermare, avendo essi sviluppato le risorse lavorative.

Per quanto riguarda quota100 e reddito di cittadinanza?

Quota100 è il provvedimento di questo governo che può essere considerato il meno errato, ma per come è stato formulato risulta una misura ingiusta. Noi, insieme alla Confsal, abbiamo chiesto già due anni fa che venisse attivato questo sistema pensionistico ma senza vincoli numerici, ovvero la possibilità del lavoratore di andare in pensione con qualunque combinazione numerica tra età anagrafica e anzianità di servizio che raggiunge quota 100. Per evitare ciò che accade oggi, soprattutto al sud dove si registra minore continuità contributiva: persone che svolgono lavori gravosi per una combinazione numerica sfavorevole riescono ad andare in pensione molto più in là rispetto a colleghi che svolgono lavori meno usuranti ma che raggiungono con la somma degli anni di vita e di servizio la quota 100. Questa dinamica è profondamente ingiusta ed è solo la prima di tante iniquità sociali che maturano a causa di questa misura finanziaria. A risentirne, infatti, sono anche i pensionati del ceto medio con la mancata rivalutazione delle proprie pensioni, svalutate anno dopo anno, e i pochi giovani che riescono a trovare un lavoro che devono finanziare per un periodo più lungo il pensionamento degli anziani.

Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, i dati mostrano numeri clamorosi. Di tutti i richiedenti, molti meno del previsto, soltanto il 10% arriva alle tanto promesse 780 euro e la stessa situazione si verifica con le pensioni di cittadinanza che spesso oscillano tra i 40 e i 200 euro. Lo slogan che viene utilizzato dal governo “abbiamo abolito la povertà” è ampiamente contraddetto dai fatti, tanto è vero che sono proprio le famiglie più povere che spesso non riescono a raggiungere una somma adeguata alle loro reali esigenze o che addirittura vengono escluse, per dinamiche ingiuste e poco chiare, da questa misura assistenziale. Il reddito di cittadinanza favorisce l’illegalità e allontana i giovani dal lavoro stabile e sicuro, molti preferiscono lavorare in nero e percepire i soldi garantiti dalla misura finanziaria, sapendo che in Italia i controlli vengono eseguiti a campione con pochi e male impiegati ispettori del lavoro.

Il governo aveva assicurato che non sarebbe stata solamente una misura assistenziale, ma che avrebbe avviato al lavoro i disoccupati e le persone rimaste senza occupazione. In realtà andrebbe ad aumentare solo la precarietà visto che i navigator, ingaggiati per formare i nuovi lavoratori, verrebbero assunti con contratto a tempo determinato e non si capisce perché un precario navigator dovrebbe formare un altro lavoratore per un ruolo stabile che potrebbe ricoprire lui. Inoltre il ruolo dei navigator danneggia il lavoro dei centri dell’impiego che attualmente riesce ad avviare al lavoro soltanto l’1,2% di chi viene inserito in una nuova occupazione, il restante 98,8% trova una collocazione tramite raccomandazione.

Esistono paesi in Europa dove i centri dell’impiego riescono a gestire nel migliore dei modi le persone che devono essere inserite nel mondo del lavoro. In Germania per esempio, anche grazie all’alternanza scuola-lavoro, vengono collocati in modo stabile 105.000 nuovi lavoratori ogni anno, con una percentuale dell’86,6%. Il ministro del lavoro aveva affermato che il reddito di cittadinanza non sarebbe stata pura assistenza, ma uno strumento di politica attiva per il lavoro. In questo momento viene contraddetto da ciò che accade realmente.

Quindi le misure prese dal governo sono sbagliate o controproducenti?

Sí, ed è proprio per questo che protestiamo.

I 24 miliardi che il ministro Tria era riuscito a strappare come margine di flessibilità all’Europa, potevano essere utilizzati in ben altri modi che avrebbero potuto produrre ricchezza e occupazione stabile difendendo il reddito dei lavoratori dipendenti.

Noi pensiamo che l’investimento di una buona parte dei 24 miliardi in una riduzione del cuneo fiscale, ovvero le tasse sul lavoro, avrebbe permesso alle aziende di assumere con meno carichi fiscali agevolando l’assunzione di nuovi giovani lavoratori, visto che l’Italia resta agli ultimi posti per occupazione giovanile. Questo accade anche perché le imprese che assumono un giovane lavoratore con uno stipendio di 1.400 euro si trovano costrette a pagare quasi lo stesso importo di tasse e questo non è economicamente sostenibile.

All’Italia occorrono infrastrutture, abbiamo bisogno di impiegare le risorse in provvedimenti seri e non per sostenere misure inutili come lo “sblocca cantieri”.

I lavori per la Gronda di Genova e per la Tav devono essere sbloccati al più presto perché darebbe alla nostra nazione la possibilità di avere collegamenti importanti.

La Tav assicura il passaggio veloce di merci e persone tra Kiev e Lisbona, passando per la pianura padana, permettendo alle merci italiane di arrivare più rapidamente in Europa favorendo il nostro export, unico fattore economico capace in questo momento di tenere in piedi i nostri conti.

Non dobbiamo continuare ad applicare continue riduzioni sul Welfare state, con tagli alla sanità e all’istruzione pubblica. Il nostro paese ha bisogno invece di rafforzare il Welfare state, migliorando la produttività dei pubblici dipendenti con la firma sul rinnovo del contratto che attualmente viene negata.Bisogna valorizzare la nostra economia rilanciando la produttività, tra le più basse in Europa, con interventi sulle infrastrutture tecnologiche e con maggiori collegamenti tra il mondo della scuola e quello del lavoro.

Ci sono altri provvedimenti di cui ha bisogno l’Italia?

Penso alla famiglia. Soprattutto considerando il nostro gelo demografico, l’Italia è il terzo paese al mondo più anziano dopo il Giappone e la Germania. Attualmente una giovane donna lavoratrice ci pensa molto, prima di mettere al mondo un figlio perché non c’è nessuna istituzione pubblica capace di aiutarla, per questo abbiamo bisogno di politiche che favoriscano la natalità con maggiori risorse destinate alla famiglia, invece sprecate da questo governo per attivare misure finanziarie incapaci di risolvere problemi.

Abbiamo organizzato uno sciopero in concomitanza con gli altri sindacati dei metalmeccanici, per chiedere al governo un deciso e radicale cambio di marcia nelle politiche economiche che fino a questo momento si sono dimostrate fallimentari, portando il Pil ad una crescita dello 0,1% di quest’anno rispetto all’1,7% del 2017.

E l’Europa?

Dovremmo smettere di litigare con l’Europa, capace di garantire 70 anni di pace, sviluppo e democrazia.

Certamente anche l’Europa deve cambiare il proprio passo, non bastano più i vincoli finanziari, bisogna che faciliti politiche di sviluppo reali per l’economia.

L’Italia necessita di riforme strutturali in grado di rilanciare l’occupazione e la ricchezza come fu il jobs act nel 2016/2017, ottenendo dall’Europa margini di flessibilità superiori.

Credo che fantasie oniriche come i minibot, non possono essere presentate per una discussione seria con il governo europeo.

Se entro non verranno prese decisioni, scatterà la procedura d’infrazione e l’Italia verrà penalizzata fortemente, non solo perché deve accantonare 2,5 miliardi, ma soprattutto perché si bloccheranno automaticamente tutti i fondi strutturali europei che aiutano la nostra economia ad andare avanti.

Penso di essere un normale profeta nel prevedere l’Italia tagliata fuori dai ruoli di commissari importanti e il risultato elettorale italiano delle elezioni europee ha fortemente messo in discussione la capacità del nostro paese di dialogare con l’Europa.

In Europa bisogna andarci seriamente, come fa spesso il ministro dell’Economia e Finanza Tria per discutere con i dati e non con strumenti che si rivelano poi controproducenti.

I nostri governanti hanno bisogno di maggiore capacità nel capire la reale condizione del nostro paese che non è quella che descrivono nelle loro conferenze stampa.

L’Italia necessita di una svolta radicale in termini di politica economica da qui a settembre, quando verrà varato di nuovo il Documento di Economia e Finanza.

All’Italia serve la svolta