Focus sulla Costituzione. Il rilancio passa da lavoro, dignità e valori

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Focus sulla Costituzione

Il rilancio passa da lavoro, dignità e valori

Lavoro, dignità e valori. Tre i temi che fanno nascere numerosi dibattiti all’interno del nostro Paese. Questo perché ci troviamo innanzitutto in una crisi di valori.

E proprio i valori con la dignità e il lavoro saranno al centro del 17esimo Congresso Nazionale del sindacato Fismic Confsal che si celebra appena un anno dopo la conclusione dell’ultimo, i prossimi 4 e 5 dicembre. Il segretario generale della Fismic Confsal Roberto Di Maulo spiega le ragioni della scelta di questi temi e perché c’è bisogno che se ne parli nel corso di questa intervista.

D. Come mai una scelta così ravvicinata nel tempo?

R. Quest’anno il Congresso fa una scelta straordinaria. Quella di compiere un passo decisivo nell’integrazione con la nostra confederazione: la Confsal. Infatti, proprio l’anno scorso insieme agli amici dell’Unsa (Sindacato dei dipendenti delle amministrazioni centrali), dello Snals (Sindacato dei lavoratori della scuola), della Fials (Sindacato dei lavoratori della sanità), della Fast (Sindacato dei lavoratori dei trasporti) e della FNA (addetti all’agricoltura) iniziamo un percorso di rinnovamento e di cambiamenti della confederazione che trova il suo momento di svolta nel dicembre 2017 allorquando venne eletto, a sugello di questo cambiamento, Angelo Raffaele Margiotta come nuovo segretario generale. Da allora è iniziato un più intenso rapporto tra le federazioni di categoria e la confederazione Confsal che ha trovato il suo momento più alto nella grande manifestazione di Piazza Plebiscito a Napoli, il primo maggio scorso. La Confsal si è candidata ad essere soggetto politico sindacale di primaria importanza non soltanto perché numericamente è a pieno titolo la quarta confederazione sindacale del Paese, ma anche perché esprime idee, proposte, piattaforme, contenuti innovativi, tali da costringere le altre Organizzazioni Sindacali e i governi a fare i conti con essa. La Fismic si onora di essere parte dirigente di queste novità nel sistema politico nazionale e infatti il Congresso viene celebrato quest’anno proprio per saldare questo rapporto con la confederazione non solo dal punto di vista politico ma anche organizzativo, infatti la Confsal terrà il proprio Congresso Nazionale a Roma subito dopo il nostro, dal 14 al 16 gennaio 2019.

D. Quali saranno i punti al centro del Congresso?

R. In questi giorni abbiamo definito le tesi congressuali che definiscono le linee portanti della nostra iniziativa sindacale e politica del presente e del futuro. Avendo messo al centro la valorizzazione della persona da sempre nella linea sindacale dell’Organizzazione, le tesi si soffermano sui valori fondanti della nostra società e quindi partono dai 12 articoli del titolo I della nostra Costituzione nata dalla Resistenza al nazifascismo e su cui poggiano i cardini che tengono insieme la nazione sia dal punto di vista geografico sia dai ceti sociali oggi sempre più differenziati. Crediamo che anche rimettere al centro i valori contenuti nella nostra Costituzione sia un’operazione moderna, perché solo i valori in un momento di totale disgregazione saranno capaci di far uscire il Paese dalla crisi morale, etica e anche economica in cui ci dibattiamo da troppo tempo.

D. In particolare, cosa proponete?

R. L’articolo 1 richiama in sé due concetti fondamentali: la democrazia e il lavoro, in particolare sancisce per tutti i cittadini nati in Italia e per quelli che hanno acquisito la cittadinanza grazie al loro onesto lavoro e il diritto al lavoro e non all’assistenza, richiamando uno slogan che da sempre ha contrassegnato le nostre manifestazioni: “Il lavoro è dignità”. Attraverso questo concetto, la Fismic esprime sinteticamente che il lavoro è un valore, mentre l’assistenza rappresentata dal reddito di cittadinanza è un disvalore che rischia di mettere a repentaglio la convivenza civile.

D. E dunque?

R. La nostra Costituzione prevede all’articolo 2 i principi di solidarietà politica, economica e sociale e garantisce i diritti individuali e collettivi come inviolabili, cioè si garantisce il diritto ad affermare la persona come elemento fondante di una società plurale che rifiuta il pensiero unico e qualunque forma di dittatura, pluralismo sindacale, ad esempio, che è fondamentale per una reale e completa tutela dei lavoratori che troppo spesso viene fatto oggetto di discriminazione, pluralismo sindacale troppo spesso dimenticato dalle grandi centrali sindacali e dalla Confindustria mentre è garantito anche dall’articolo 39 della nostra Costituzione.

D. E’ ricorrente la paura se la crescente robotizzazione sostituirà il lavoro e fino a quanti lavori potranno essere sostituiti e quando questo avverrà. Qual è il parere che viene sviluppato nelle tesi?

R. L’articolo 4 della Costituzione descrive ancor meglio dell’articolo 1 il diritto per ogni cittadino al lavoro e la necessità che vengano promosse le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Secondo la Costituzione, quindi, il lavoro non solo è un diritto ma attraverso questo si estrinseca il dovere di partecipare e contribuire al processo sociale. Ritengo che l’eccessiva semplificazione portata avanti dai populisti che fa leva su un vero sentimento di paura diffuso tra le persone della perdita del posto di lavoro, debba essere inquadrato in termini più generali. Cento anni fa, al termine della prima guerra mondiale, il lavoro era prevalentemente composto da agricoltori, operari e impiegati d’ordine. In Italia erano state censite 700mila lavandaie, gli avventi successivi delle lavanderie automatiche e dalla meccanizzazione, oggi robotizzazione dell’industria e dell’agricoltura avrebbe dovuto far ritenere che cento anni dopo saremmo rimasti tutti senza lavoro. Invece, ovviamente così non è stato. Il lavoro cambia, si sviluppa, prende altre forme e la formazione professionale e la certificazione delle competenze diventano sempre di più l’asso nella manica dei 40enni che rimangono senza lavoro, dei giovani millennials, ma anche di coloro che oggi un lavoro ce l’hanno ma vedono trasformarsi giorno per giorno il loro lavoro e la loro professione che una volta si riteneva eterni. I robot non tolgono il lavoro, ma liberano energie che prima venivano espresse in fatiche fisiche i lavori intellettualmente più alti per i quali occorrono conoscenze più qualificate rispetto a quelle necessarie a un lavoratore medio rispetto a 50/60 anni fa. Alla favoletta del reddito di cittadinanza che risolve tutti i problemi delle generazioni presenti e future, noi rispondiamo con l’impegno concreto della formazione professionale continua, dell’alternanza scuola-lavoro. Unici strumenti che possono dare attraverso il lavoro, dignità alla persona.

D. Esiste anche un problema intergenerazionale?

R. Senza dubbio, più che il lavoro, in Italia manca una cultura del lavoro, ovverosia aver non tenuto nel giusto conto criteri di meritocrazia sulla base di un malinteso egualitarismo ha allontanato soprattutto le giovani generazioni dall’intendere il lavoro come un valore. Sempre più spesso il lavoro è un mezzo al quale non dedicare troppa energia perché in realtà è sempre più connotato con l’esigenza di portare a casa uno stipendio. A questa cultura negativa contribuisce senza subbio anche l’eccessivo precariato, il mancato ricambio generazionale e una cultura retriva che cerca nell’assistenzialismo scorciatoie pericolose. Il sindacato deve essere capace di affrontare il gap generazionale, garantendo alle giovani generazioni delle opportunità che siano realmente uguali per tutti, riconoscendo il merito attraverso la valorizzazione dei percorsi di studio che devono essere sempre più intrecciati con un mercato del lavoro che si rinnova in maniera sempre più convulsa.

D. Il pensionamento anticipato proposto dal governo con la cosiddetta quota 100 non risolve parte del problema?

R. In teoria dovrebbe contribuire a risolvere il problema, in realtà crea alcune complicazioni intergenerazionali che faranno pagare ai nostri figli dei prezzi previdenziali altissimi, infatti il costante calo demografico, attenuato solo in parte dall’arrivo degli immigrati e dei loro figli, l’assenza di politica attiva per il lavoro, una scuola in grado di dare sbocchi professionali adeguati alle giovani generazioni, il mancato sviluppo economico che dura ormai da dieci anni, questi sono i veri problemi che bisognerebbe affrontare per dare un futuro occupazionale soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, in questo quadro la cosiddetta quota 100 se fosse sul serio utilizzata a pieno, rischierebbe di creare dei vuoti previdenziali abnormi che il sistema non è in grado di rimpiazzare. Faccio un esempio: se tutti i circa 500mila aventi diritto andassero in pensione nel 2019, al raggiungimento della cosiddetta quota 100 ci sarebbe bisogno di 500mila nuovi ingressi nel mercato del lavoro per compensare i mancati contributi di coloro che scelgono quota 100 e per garantire, di conseguenza, l’equilibrio economico previdenziale per chi andrà in pensione tra 10-15-20 anni. Dato che mi sembra illusorio pensare che il sistema paese possa produrre 500mila nuovi posti di lavoro nel 2019 e ancora più illusorio è pensare che alle 500mila uscite corrispondano altrettanti rimpiazzi da parte delle giovani generazioni, ecco che una misura come quella di quota 100, apparentemente positiva, lo è soltanto per chi ne godrà i benefici nell’immediato, ma lascerà alle future generazioni in un ancor più grande incertezza sul loro futuro pensionistico. Ecco perché al Congresso parleremo del rapporto tra valori e interessi, mettendo in luce i valori e chiarendo i rischi che corre una società alimentata solo dagli interessi immediati che spesso sono in contraddizione con il futuro delle giovani generazioni e dello stesso Sistema Paese.

Articolo su ItaliaOggi del 27 novembre 2018

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